C’è un controcanto, una musica singolare che si può ascoltare fuori dal frastuono dei nostri giorni, dalla invasiva società delle immagini, dalla metastasi della notizia lampo della cronaca? C’è un suono da riscoprire, che permetta di ridare funzionalità al tempo e una promessa di futuro nel milieu del terzo millennio? La poesia ha una propria riconoscibilità salvifica perché si lega ad una sfida contro la deperibilità e il senso di finitudine: un poeta è tale quando ha un’intenzionalità ben definita e sa trovare una sospensione, una fermata contro la rutilante quotidianiatà. La produzione italiana di oggi ha molte varianti percorribili da un critico, tangenti che non potrebbero essere seguite con cognizione di causa, se non adottando mappe orientative che permettano un discernimento calcolato. Ci sembra che la poesia degli ultimi anni non presenti la necessità di essere incanalata in una considerazione di valori assoluti, perché il tentativo fallirebbe già nella formula. E ovviamente il gusto personale del lettore andrebbe a cozzare con la volontà di scegliere, di fornire un quadro veramente indicativo (altro rischio sempre dietro l’angolo).