È nato nel 1961 a Sortino, in provincia di Siracusa, il paese dei muli nella Cavalleria Rusticana. Vive a Monza ma insegna a Milano nella scuola primaria e si occupa di teatro e scrittura per le persone in formazione. Altri libri di poesia pubblicati sono: Giornata (La Vita Felice, 2003), Dolore della casa (Il Ponte del Sale, 2006), Nella Storia (Alsara, 2009).
Sebastiano Aglieco vince il Premio Selezione Ceppo 2015 con Compitu re vivi (Il Ponte del Sale, 2013) perché attraverso archetipi potenti – i bambini, il sangue, i morti, il padre – compie il suo grande viaggio nelle profondità dell’anima. Tinte accese e vampate di colore percorrono le pagine di questo libro. Condanna e salvezza, patto e tradimento, innocenza e scandalo: gli opposti combattono una lotta mortale e ci immergono in un mondo abitato dal mistero, un purgatorio dove “tutto” viene espiato. Un purgatorio che non è quello dantesco e non conosce le penombre dei regni sotterrerai. È un purgatorio terrestre e mediterraneo, affollato di corpi, piante e animali vivissimi e percorsa da contrasti feroci: sole implacabile e buio vertiginoso, colpa estrema e puro canto, colpa “che può redimersi solo nel canto”. E forse è proprio questo difficile canto il “compitu re vivi”, il dovere dei vivi.
Non è una poesia dell’essere e nemmeno una poesia del divenire. È una poesia dell’ “accadere”. Epifanie, apparizioni, fantasmi, vecchi, bambini, figure che all’improvviso si manifestano. Domina il senso del pericolo e la sua presenza fisica (come una belva che respira nell’angolo a sinistra dell’armadio: “na bbestia raggiàta rispiràva / supra u cantùni a mmànca ra muàrra”), ma anche il senso di una rivelazione imminente. Gli animali stessi vengono sentiti come creature dotate di sapienza e hanno una duplice funzione: quella di sbarrare la via o quella di indicarla. Dipende da come ci rivolgiamo a loro, dalla lingua in cui li interroghiamo.
Ed ecco emergere così il motivo centrale di questa poesia, che è “la potenza del nome”. Il nome può divorare (“i nnomi s’ammùccunu cu chiama”) e pretende da noi un’estrema precisione. Il bene è questa parola “precisata”: da una parte l’esatta pronuncia del dettato e dall’altra l’esatta trascrizione. La poesia stessa avviene in un regime di massima sorveglianza. Questa forse – ci ripete Aglieco, che è maestro di scuola elementare e del suo lavoro ha fatto un sacro dovere – è la cosa più importante che dobbiamo insegnare ai bambini e alle persone amate. E ripetere senza sosta a noi stessi.