Premio Letterario
Internazionale Ceppo Pistoia

59° Premio Ceppo (ex aequo) e Premio Selezione Ceppo 2015

Sebastiano Aglieco, Compitu re vivi (Il Ponte del Sale, 2013)

È nato nel 1961 a Sortino, in provincia di Siracusa, il paese dei muli nella Cavalleria Rusticana. Vive a Monza ma insegna a Milano nella scuola primaria e si occupa di teatro e scrittura per le persone in formazione. Altri libri di poesia pubblicati sono: Giornata (La Vita Felice, 2003), Dolore della casa (Il Ponte del Sale, 2006), Nella Storia (Alsara, 2009).

Motivazione di Milo De Angelis

Aglieco_CompituSebastiano Aglieco vince il Premio Selezione Ceppo 2015 con Compitu re vivi  (Il Ponte del Sale, 2013) perché attraverso archetipi potenti – i bambini, il sangue, i morti, il padre – compie il suo grande viaggio nelle profondità dell’anima. Tinte accese e vampate di colore percorrono le pagine di questo libro. Condanna e salvezza, patto e tradimento, innocenza e scandalo: gli opposti combattono una lotta mortale e ci immergono in un mondo abitato dal mistero, un purgatorio dove “tutto” viene espiato. Un purgatorio che non è quello dantesco e non conosce le penombre dei regni sotterrerai. È un purgatorio terrestre e mediterraneo, affollato di corpi, piante e animali vivissimi e percorsa da contrasti feroci: sole implacabile e buio vertiginoso, colpa estrema e puro canto, colpa “che può redimersi solo nel canto”. E forse è proprio questo difficile canto il “compitu re vivi”, il dovere dei vivi.

Non è una poesia dell’essere e nemmeno una poesia del divenire. È una poesia dell’ “accadere”. Epifanie, apparizioni, fantasmi, vecchi, bambini, figure che all’improvviso si manifestano. Domina il senso del pericolo e la sua presenza fisica (come una belva che respira nell’angolo a sinistra dell’armadio: “na bbestia raggiàta rispiràva / supra u cantùni a mmànca ra muàrra”), ma anche il senso di una rivelazione imminente. Gli animali stessi vengono sentiti come creature dotate di sapienza  e hanno una duplice funzione: quella di sbarrare la via o quella di indicarla. Dipende da come ci rivolgiamo a loro, dalla lingua in cui li interroghiamo.
Ed ecco emergere così il motivo centrale di questa poesia, che è “la potenza del nome”. Il nome può divorare (“i nnomi s’ammùccunu cu chiama”) e pretende da noi un’estrema precisione. Il bene è questa parola “precisata”: da una parte l’esatta pronuncia del dettato e dall’altra l’esatta trascrizione. La poesia stessa avviene in un regime di massima sorveglianza. Questa forse – ci ripete Aglieco, che è maestro di scuola elementare e del suo lavoro ha fatto un sacro dovere – è la cosa più importante che dobbiamo insegnare ai bambini e alle persone amate. E ripetere senza sosta a noi stessi.

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